Volevo regalarvi una stecca di cioccolato, ma il mio esodo elvetico ha prodotto invece questo capitolo!
CAPITOLO 6 - Prendi la mia manoLo senti’ avvicinarsi e inginocchiarsi accanto a lei, e si ranicchio’ ancor piu’ sul pavimento, tremando.
-Guardami, bambina – disse la voce accanto a Chizu. Era una voce profonda e ferma, ma non assomigliava a quella, cattiva, del signor Takebata, e nemmeno alle voci urlanti dei ragazzi che le avevano gridato contro fino a quel momento. Era una voce severa, ma in fondo, gentile. Solo per questo, pur continuando a tremare, Chizu le obbedi’, e alzo’ lo sguardo verso il suo proprietario.
Quando gli occhi verdi della bimba ebbero incrociato quelli di Ichiren Ozaki, la piccola smise immediatamente di piangere, e resto’ a bocca aperta, meravigliata. Quell’uomo aveva occhi color nocciola, profondi, con splendenti striature dorate. Occhi che risvegliavano in lei una memoria lontana: somigliavano infatti agli occhi di Ruriko. Chizu si fido’ subito di quello sguardo, come se lo conoscesse da sempre, come se fosse posato su di lei da una vita intera, vegliandola e proteggendola.
“Questa bimba ha degli occhi meravigliosi”, pensava nello stesso tempo Ichiren, stupito. L’uomo indovino’ il colore rosa delle guance sotto lo strato di sporco che le ricopriva, il corpicino fragile ma forte imprigionato dal fagotto di stracci che portava, gli stupendi capelli corvini camuffati in un pazzo arruffio. Indovino’ anche, Ichiren, il desiderio di vita celato in quella piccola esistenza da bestia. “Questa bimba è bellissima”, penso’. E in un lampo, senza chiedersi se fosse razionale o no, prese la sua decisione.
-Come ti chiami? – chiese.
-Chizu. – La piccola si asciugo’ gli occhi col palmo delle mani.
-E perché lo fai? Dimmelo – le disse dolcemente, circondandole le gracili spalle con le sue forti braccia.
-Il signor Takebata voleva qualcosa di valore – rispose Chizu, semplicemente. Non tremava piu’.
-Ozaki-sensei, le conviene lasciar stare quella piccola pezzente – ammoni’ uno degli attori, ma l’uomo non se ne diede per inteso.
-Povera piccola, ma non lo sai che questo è un teatro? Qui non c’è nulla che sia veramente di valore. – Ichiren, piano, l’aiuto’ a rimettersi in piedi, e le sorrise. - I nostri gioielli sono finti. E’ il palcoscenico che rende preziosi delle semplici cianfrusaglie senza valore. Il palcoscenico è un posto magico, sai?
Chizu guardo’ l’uomo di sotto in su. Due lucciconi le scivolarono giu’ per le guance.
-Allora mi venderà – mormoro’, col viso scuro.
-Chi ti venderà? – Ichiren non capiva.
-Il signor Takebata voleva qualcosa di valore. Se non glie la porto, mi venderà. - Aveva solo una vaga idea di cosa volesse dire essere venduta, ma Chizu parlo’ come se capisse perfettamente quale baratro avrebbe avuto davanti una volta abbandonata a se stessa. Lacrime salate e silenziose le scorrevano per il viso.
L’espressione di Ichiren muto’ dalla compassione allo sdegno. Serro’ la mascella e, deciso, porse una mano alla bambina.
-Portami da questo signor Takebata, piccola Chizu.
La bambina guardo’ Ichiren con occhi spalancati, senza capire.
-Prendi la mia mano, bambina – insistette allora il regista, sorridendole e mostrandole il forte palmo della sua mano. – E non preoccuparti di nulla. Sistemeremo tutto.
Chizu sorrise di rimando a quegli occhi d’oro, e, messa la manina nella mano di Ichiren, lo condusse fuori dal teatro, sulla strada per casa Takebata. Una scia di attori e inservienti li seguirono con lo sguardo, mentre scomparivano in fondo alla via, e scossero la testa stupiti. Ozaki – sensei non aveva mai fatto una cosa cosi’ avventata. Chissa’ cosa ne avrebbe pensato la signora Ozaki.
***
La signora Takebata stava scuotendo una stuoia fuori dalla porta di casa, quando vide avvicinarsi sulla strada due sagome indistinte. La prima, piu’ piccola, sembrava proprio quella dell’arruffata Chizu. Ma la seconda, che confronto a quella minuscola della bambina sembrava enorme, non aveva proprio idea di chi potesse essere. Aguzzo’ la vista finche’ il proprietario di quella sagoma non fu davanti al suo naso. Allora pote’ vederlo bene, e si lascio’ sfuggire un grido di stupore.
-Chizu! – esclamo’ furiosa la signora Takebata. – Si puo’ sapere cosa ti salta in mente? Come ti permetti di portare gente estranea a casa nostra?
-Lei e’ la signora Takebata, suppongo – rispose Ichiren in vece della bimba, che, a capo basso e senza osare alzar lo sguardo, si succhiava il pollice.
-In persona. E lei chi sarebbe? – fece la donna, inquisitoria.
-Io sono un acquirente. Spero mi vorra’ accogliere come si conviene.
La signora Takebata sgrano’ gli occhi, e soppeso’ lo sconosciuto con lo sguardo. Quindi – Un momento – disse, e corse dentro a chiamare il marito.
Di li’ a pochi momenti, il signore e la signora Takebata discutevano con lo straniero la vendita di Chizu. Senza nemmeno prendersi il disturbo di invitarlo in casa, gli chiesero una cifra spropositata in oro. Ichiren pago’ senza fiatare ne’ contrattare.
-Ah, si vede che lei e’ un signore – fece Takebata, intascando la borsa piena di denaro. – E per di piu’ ha l’occhio buono. Chizu un giorno sara’ una bellezza, ma anche ora, se non si trascurasse cosi’ tanto, sarebbe degna di un bell’uomo come lei. A noi questi soldi fanno comodo…e anche lei sara’ contenta di stare a Tokio con un uomo benestante.
Ichiren si limito’ ad uno sguardo sprezzante all’indirizzo dei due malfattori. Poi, senza una parola ne’ un cenno di saluto, si allontano’ con la bambina.
Chizu continuava a succhiarsi il pollice. Non afferrava bene cosa fosse accaduto: sapeva solo che quell’uomo gentile la stava portando a Tokio, un posto che aveva gia’ sentito nominare da Ruriko tanto tempo prima. Camminando, si voltava indietro di tanto in tanto, inquieta, come se si sentisse seguita. Ma la marcia dell’uomo dagli occhi d’oro che la conduceva via non si fermava, né la stretta della sua mano si allentava, e la piccola, ad ogni passo, si sentiva sempre piu’ sicura.
Giunti alla stazione, Ichiren si fermo’ e la guardo’. Chizu sollevo’ il visino ancora impastato di lacrime e sporcizia, e lo fisso’ di rimando, timorosa.
-Non devi piu’ aver paura, piccola Chizu – sorrise Ichiren, e le porse la mano. – Stai tranquilla. Adesso ci sono qua io.
Un sorriso radioso illumino’ il volto della piccina. Con la sua manina strinse la mano che l’uomo le porgeva, e da quel momento in poi decise, nel suo piccolo cuore, che quella mano l’avrebbe guidata sempre, da quel momento in poi, per tutti i giorni della sua vita.
Continua...
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